La sirena molpé

Iniziamo con il raccontare chi erano le Sirene, esseri particolari, cui viene universalmente riconosciuto il ruolo di “attrarre e procurare sventura” ed il cui nome deriverebbe da una radice sanscrita (svar=cielo) legata al significato di “splendore” (e quindi “attrazione”) oppure, secondo altri etimologi (forse più verosimilmente avendo esse fama di demoni dal canto seduttore) dalla base semitica “sjr, che vuol dire cantare.

Mai l’antica mitologia ha conosciuto un essere tanto attraente quanto fatale come la sirena, diventando da sempre l’incarnazione che inneggia all’umana fragilità a cospetto della bellezza terrena.

Fatta questa generica premessa, veniamo ora alla nostra di sirena.

Conoscerete il mito di Giasone e gli Argonauti, il gruppo di eroi salpati alla ricerca del Vello d’Oro rubato a Re Eeta grazie all’aiuto di Medea, la maga figlia del Re; è questo un viaggio fantastico che si intreccia con la storia d’amore tra l’eroe e colei che ha permesso la riuscita dell’impresa. Nel viaggio di ritorno, Giasone, dopo essere stato in Colchide e aver conquistato il Vello d’Oro s’imbatte nel più grande terrore dei mari, le Sirene.

Tali Sirene,  Molpè ed Aglaophonos, erano agghiaccianti donne-uccello. Infatti nella mitologia greca le sirene originariamente erano in realtà donne-uccello e non donne-pesce. Secondo la tradizione Classica dell’iconografia della Sirena, cominciarono subito a cantare per irretire i marinai della nave Argo ma anche Orfeo lo fece e suonò la sua lira, così dolcemente e con tale veemenza che i compagni di viaggio furono distratti e perfino le Sirene si fermarono ad ascoltarlo.

Solo il marinaio Bute non resistette e si gettò in mare per raggiungerle poiché aveva continuato a percepire solo il loro canto, non ascoltando assolutamente Orfeo. In suo aiuto arrivò Afrodite, la dea nemica giurata delle Sirene, Bute venne così salvato e anche il suo viaggio potè continuare. Le due sirene, dopo questa prova fallita, deluse ed amareggiate morirono, prima l’una e poi l’altra, uccidendosi.

Sirene, donne-pesce o donna-uccello?

Molto diverse dall’idea che nei secoli ci siamo fatti di loro, secondo la tradizione greca le Sirene erano in realtà esseri per metà donna e metà uccello. Come testimonia il gran numero di reperti archeologici, esse venivano rappresentate come donne-uccello, d’altronde la prerogativa del canto come richiamo si sposa meglio a questa figurazione, basti infatti pensare al dettaglio che per antonomasia gli uccelli sono canterini e col canto si richiamano e attraggono l’uomo.

Più che ai pesci e gli animali marini, le sirene andrebbero accostate alle Arpie anch’esse donne-uccello legate al concetto di possessività e all’immagine dell’uccello di rapina (arpazo = rapisco, strappo a forza). Evidenti sono d’altronde le analogie con la Sfinge, la Gorgone e la Medusa: sfingi ed arpie son poste sulle steli dei sepolcri, sempre in relazione al causare la morte di chi osi accostarsi ad esse con desiderio. Guardando più vicino a noi basta pensare alla Sirena che è posta, come avvertimento e come genio custode, sulla Porta, detta appunto della Sirena, nella città di Paestum.

Ma quando mutò la tradizione? Quando da donne-uccello si trasformarono in donne-pesce?